Il content strategist può lavorare all’interno di grandi organizzazioni complesse, presso agenzie web come collaboratore esterno e con clienti diretti come liberi professionisti e piccole aziende che si avvalgono anche di altri esperti del digitale. Oggi parlerò delle qualità del content strategist che servono per lavorare bene in queste realtà più piccole e molto stimolanti.
In Italia la figura del content strategist nell’accezione anglo americana, di Kristina Halvorson soprattutto, non è molto conosciuta. Spesso confuso con il digital strategist, il content strategist lavora molto anche sull’allineamento dei team e la gestione dei processi dei contenuti affinché scorrano senza intoppi. Una fase precedente a quella delle analisi preliminari (quella della concorrenza, il content audit e lo studio delle buyer persona) e delle successive strategie di marketing che ne derivano.
L’ho paragonato a un regista di contenuti all’opera che da dietro le quinte dirige le operazioni sui contenuti che rende bene l’idea.
Di solito lo contatta una realtà più piccola quando desidera maggiore flessibilità e controllo sulle azioni di marketing che intende intraprendere. Il content strategist entra in corsa nelle attività di promozione o perché è nata una particolare esigenza di contenuti.
Si trova quindi a collaborare con altri colleghi del mondo digital oppure semplicemente a operare su un lavoro svolto da altri colleghi.
In entrambe i casi, sia che il rapporto con i colleghi del digital sia diretto o indiretto, ci sono della qualità che dovrebbe avere per inserirsi nel flusso dei lavori nel migliore dei modi e apportare così tutti i benefici che la content strategy regala una volta che è stata abbracciata.
Qualità 1: rispetto
È la prima qualità che il content strategist deve avere. Certo, non deve mai mancare nelle relazioni, ma qui intendo per il lavoro svolto fino a quel momento. Non si entra in casa d’altri giudicando l’arredamento, il livello di pulizia e la qualità dei cibi imbanditi a tavola, giusto?
Così quando si prende visione dei testi, dell’architettura di un sito o di quella particolare attività di lead generation, è necessario sospendere il giudizio personale (lo si tiene per sé, perché emergerà comunque!).
Gli obiettivi di business cambiano, il mercato cambia, le persone adottano e applicano approcci di marketing diversi. E di conseguenza le strategie cambiano. Dall’analisi dei dati o da un content audit possono emergere sì criticità, ma anche tante opportunità.
Il content strategist prende atto di tutto, analizza e trae le conclusioni necessarie per fare le sue proposte.
Qualità 2: delicatezza
Quando prende in mano il lavoro di altri, il content strategist può scoprire delle falle e individuare delle azioni di miglioramento. Nei testi per esempio vengono a galla tutte le questioni irrisolte relative agli obiettivi di business, alle discrepanze nel tono di voce e via dicendo.
Occorre tuttavia esprimerlo nel migliore dei modi perché nessuno si senta sminuito negli sforzi fatti fino a quel momento.
Forse non è stato preso in considerazione questo aspetto, sembra non ci si sia concentrati sulla questione giusta, forse quella pagina web non è stata messa in evidenza come meritava.
Forse e sembra sono due paroline magiche che permettono al content strategist di entrare in punta di piedi in processi che non può conoscere nella loro interezza, ma può solo farne esperienza di alcuni effetti.
Qualità 3: pazienza
Quando si viene contattati dal decision maker, ovvero il libero professionista o il titolare dell’impresa che gestisce il portafoglio, e si entra in contatto con altri professionisti del web è naturale che nei confronti del content strategist nasca una certa diffidenza iniziale: cosa vorrà mai questa persona? Come valuterà il mio lavoro? Sarà da rifare?
Una posizione molto difficile anche per il content strategist, non crediate. Come abbattere questo muro? Dotandosi di tanta pazienza. E nella pratica? Fare altrettante domande al cliente e ascoltarlo attivamente ripaga sempre.
Innanzitutto si dimostra interesse per le azioni di marketing svolte in precedenza e il settore in cui opera il cliente. Questo è funzionale per conoscere le attività passate, soprattutto come sono state svolte, e quelle che si desiderano fare. Informazioni preziose per entrare nel vivo della materia.
Anche al content strategist riceverà tante domande. Questa si rivela un’ottima opportunità per elencare i benefici della content strategy e soprattutto di inserirli nei casi concreti del lavoro che si svolgerà.
Qualità 4: entusiasmo
Non c’è niente di più bello che lavorare con persone entusiaste di quello che fanno, perché lo fanno anche per gli altri. Se c’è entusiasmo, la passione per il proprio lavoro può essere contagiosa se si possiedono anche le altre qualità. E si lavora tutti meglio, anche quando emergono delle difficoltà.
Potrebbe tuttavia succedere che alcune persone del nuovo team che comprende il content strategist non vogliano condividere appieno quanto è stato fatto. Oppure che manifestino eccessiva diffidenza nei confronti del content strategist e una certa resistenza alla collaborazione generale. In questi casi faccio un passo indietro.
Questione di mentalità, questione di insicurezza, questione di visione personale su come fare business, chiamatela come volete, di fatto non si creano le condizioni ideali per lavorare tutti per il bene del cliente comune.
Se cominciate a percepire questa sensazione, con ogni probabilità è meglio lasciar stare la collaborazione. Eviterete mal di testa e senso di nausea ogni volta che aprite una loro e-mail. E naturalmente di consegnare al cliente un lavoro svolto faticosamente e male.
Questo è quello che ho imparato durante le mie attività come content strategist. C’è qualche altra qualità del content strategist che ritenete importante aggiungere a questo breve elenco? Scrivetele nei commenti, sono curiosa! 😉
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Immagine di PollyDot da Pixabay
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