Quando si tratta di testi per il web, tutti i nodi vengono al pettine se non sono stati progettati con senso. Sono il risultato finale di una serie di passaggi o processi dei contenuti che presuppongono una logica, un fine e un responsabile per ogni tratta di questo percorso. Valori e obiettivi chiari e condivisi a monte, cliente finale con le sue necessità, timori e aspirazioni sempre in testa, contesto chiaro e definito. Ma non è sempre così e ahimè nei testi si nota.
Per lavoro mi occupo di progettare e scrivere testi in italiano da più punti di vista: del copywriting, dello UX writing, della content strategy e della localizzazione verso l’italiano. Parafrasando mister Wolf di un film di successo degli anni 90, cerco di risolvere problemi (di testi), o, se non c’è la possibilità di farlo in prima persona, li porto all’attenzione.
Poi sta ai piani alti prendere le decisioni strategiche intorno ai processi dei contenuti che si riflettono nei testi con beneficio per tutti: per il cliente in primo luogo e per l’azienda.
Vediamo alcuni esempi.
Copywriting
Quando lavorate con lo stesso cliente a lungo, nel tempo escono nuovi prodotti, cambiano i responsabili o i vostri riferimenti interni, il sito viene rifatto ex novo, oppure ci sono nuovi obiettivi o un diverso posizionamento da presidiare.
In qualità di copywriter siete chiamati a scrivere nuovi testi. Man mano che cominciate a prendere visione del materiale e del briefing, vi rendete conto che i testi che sono stati già pubblicati sono difformi per stile, per lunghezza, per vocabolario o per struttura.
Che fare? Il mio suggerimento è quello di farlo presente e di proporre quello che potreste fare voi. Fate domande, chiedete chiarimenti, fate proposte.
Cosa manca in questo caso? Per esempio una guide di stile di riferimento condivisa e aggiornata, una buyer persona ben definita e un briefing dettagliato.
Chi è mancato in questo processo dei contenuti? Il content strategist che fa da trait d’union per tutto quello che concerne i contenuti prodotti da un’azienda oppure una figura interna incaricata di gestire i contenuti se esiste un reparto di comunicazione.
Può succedere che le funzioni di questa figura siano suddivise tra più persone in azienda. Ci sono più responsabili commerciali delle diverse linee prodotto che intervengono solo per quanto riguarda i testi dei prodotti di loro competenza. Oppure un ufficio legale o un ufficio tecnico con gli esperti di settore che validano un contenuto dal punto di vista legale o tecnico.
In pratica seguono solo un aspetto di tutto il processo, molto spesso alla fine, mancando una visione comune che sovrintenda tutto da una prospettiva più ampia.
UX writing
Avete ricevuto l’incarico di occuparvi dei microtesti di un sito, un app o un software. Congratulazioni! In Italia questo ruolo viene spesso associato a quello del copywriter o web writer, qualora venga gestito internamente, visto che solo il 4,9% delle PMI italiane sono di medio – piccole dimensioni (max 250 dipendenti). Il resto è costituito dal 95% di micro imprese con massimo 10 dipendenti. Dato che il budget è spesso ridotto anche nel primo caso, si cerca di concentrare le attività il più possibile in un’unica figura.
Il lavoro può essere affidato all’esterno, ad agenzie specifiche che si occupano di design di prodotto.
Cosa manca? Nel primo caso mancano le statistiche di riferimento, il metodo, i programmi specifici. Nel secondo una conoscenza approfondita del prodotto, del contesto del settore e dei processi che regolano il funzionamento dell’azienda.
Cosa fare? Quello che si può in base al budget a disposizione. Oppure seguire i consigli di una delle massime esperte di UX writing.
Chi è mancato in questo processo? Una figura ibrida che ad alcuni farà storcere il naso: lo UX copywriter. Oppure una persona che abbia maturato una discreta esperienza in una PMI italiana e poi si sia formata nell’ambito UX, design, copywriting e abbia messo in pratica tutto quello appreso.
Quando il budget è sufficiente, delegare tutto a un’agenzia specializzata è la soluzione più efficace. Purtroppo in questo momento storico economico non tutti possono permetterselo. Occorre un cambio di mentalità e sapere investire nella giusta direzione ora più che mai. La pandemia ha accentuato la corsa al web e ha costretto finalmente le aziende italiane a una virata decisiva in questa direzione.
Localizzazione
Questo è un settore in cui i nodi al pettine sono i più aggrovigliati. Difformità nel rivolgersi al cliente finale, tono di voce vago, persone di riferimento del cliente che si occupano di altre mansioni.
Un esempio particolare: quando i vostri interlocutori faticano a capire le sfumature delle proposte di ottimizzazione dei testi perché non conoscono la lingua target, nonostante le vostre spiegazioni nella loro lingua. E non sono tenuti a farlo perché si occupano di SEO.
Oppure quando le localizzazioni sono state realizzate in momenti diversi e affidate ad altrettanto diversi traduttori nel tempo.
Cosa manca? In alcuni casi una formazione adeguata ai localizzatori. La definizione e la condivisione di una guida di stile, delle buyer persona e del tono di voce.
In altri casi ancora mancano una visione partecipata degli obiettivi marketing e le nozioni base di marketing o di scrittura per il web che il cliente non ha avuto ancora la possibilità di approfondire.
Cosa fare? Limitarsi a rilevare le discrepanze, fornire più soluzioni linguistiche, motivandole e consigliando A/B test.
Chi è mancato in questo processo dei contenuti? All’interno dell’azienda una persona incaricata di occuparsi dei contenuti o se all’esterno il content strategist (encore!), oppure un language project manager che sovrintenda tutto il processo di localizzazione e lo renda uniforme per ciascuna lingua trattata. Uno UX writer che scriva il briefing e descriva il contesto per le traduzioni dei microtesti dei vari localizzatori.
Riassumendo: perché è importante coinvolgere sempre un esperto dei processi dei contenuti
Per alcune ottime ragioni che vi faranno risparmiare tempo e denaro. Forse all’inizio non vi sembrerà, ma vi posso assicurare che nel lungo periodo tutti gli sforzi saranno ripagati.
Vediamoli insieme:
- Condivisione delle conoscenze: obiettivi, dati, contesti che portano chiarezza e comprensione a tutti i soggetti coinvolti
- Definizione di ruoli e competenze chiari sin dall’inizio
- Ottimizzazione dei processi evitando che le cose vengano scritte e riscritte o localizzate di nuovo
- Spirito collaborativo per il raggiungimento di un obiettivo comune
- Maggiore soddisfazione dei partecipanti che si sentono apprezzati ciascuno per le proprie conoscenze specifiche
- Uniformità, coerenza e consistenza dei contenuti che si portano in linea con obiettivi e target ovunque.
E voi quali sfide avete affrontato nel mondo dei contenuti e come le avete superate? Scrivetemelo nei commenti al post, sono curiosa!
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Foto di veverkolog da Pixabay
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