Quale inglese usare per localizzare i contenuti web all’estero?

Quale inglese usare per localizzare i contenuti web all’estero?

Quale inglese usare per localizzare i contenuti web all’estero?

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Di recente mi hanno chiesto un parere su quale inglese usare per localizzare i contenuti web per il mercato estero. Ecco allora che ho fatto una ricerca e vi ho unito alcune riflessioni personali.

Alcune considerazioni iniziali

L’inglese è la terza lingua più parlata al mondo per madrelingua dopo cinese e spagnolo. È la prima se si considerano anche gli stranieri che la parlano come seconda lingua.

Ne esistono numerose varianti come quelle parlate dai madrelingua come l’inglese britannico, l’inglese americano, l’inglese canadese, l’inglese australiano, l’inglese neozelandese.

Ci sono poi le varianti parlate come seconda lingua: l’inglese indiano (hinglish) e quello della comunità spagnola negli Stati Uniti (spanglish); oppure le varianti africane e quelle dei Caraibi appartenenti all’ex impero britannico.

Un variegato mosaico che si estende in tutto il mondo grazie alla facilità di apprendimento del livello base della lingua e alla diffusione dei commerci in passato, ora della tecnologia, e delle serie televisive e della musica fruite in originale.

L’inglese è anche la lingua di comunicazione interna di molte multinazionali del web ma anche delle più piccole start up che lavorano con team diffusi in molti fusi orari del globo. Pensate solo per esempio ai briefing in inglese dello UX writer per i localizzatori in tante lingue diverse di alcune piattaforme di prenotazione online.

Quando si decide di espandere i propri affari al mondo intero, e tramite il web è potenzialmente possibile, ci si trova davanti alla questione con quale lingua localizzare i contenuti.

Chi sceglie l’inglese vince facile perché con una lingua in un colpo solo si apre a un pubblico amplissimo. E risparmia anche in budget, aspetto da non sottovalutare.

Se invece il budget lo consente, localizzare in più lingue target è sicuramente molto più vantaggioso, come dimostrano queste statistiche dello studio Can’t read, Won’t Buy.

Chi sono i clienti?

La prima riflessione riguarda il mercato di riferimento: da dove provengono per lo più gli acquirenti o i possibili tali?

Oppure se si decide di aprirsi a un mercato specifico per cui anche l’attività di marketing sul web devono armonizzarsi con quelle tradizionali, a quali paesi di riferimento ci si vuole rivolgere?

I dati di vendita aiutano nel primo caso e le analisi di mercato nel secondo.

La seconda riguarda la buyer persona e il tono di voce che non devono mai essere persi di vista durante il processo di localizzazione. Qualora li condividano con voi avrete la vostra mappa per orientarvi sul terreno della localizzazione. In caso contrario sarebbe opportuno richiederli.

Quale inglese usare per localizzare i contenuti web?

Restringendo il campo alle sole varianti dell’inglese britannico e di quello americano con le loro specificità, entriamo ora un po’ più in dettaglio.

Considerando un altro aspetto della questione, ricordatevi del contesto online. Banale, ma in realtà determinante.

Nel web tutto è misurabile e analizzabile: dalle performance del piccolo micro testo a quelle del post di un blog, al comportamento degli utenti su un sito, alle ricerche che fanno sui motori.

Le persone navigano per lo più in modo distratto, da dispositivi mobili dagli schermi di diverse dimensioni. Sono letteralmente bombardate da messaggi da quando aprono gli occhi alla mattina a quando vanno a coricarsi la sera.

Quindi è importante utilizzare un inglese che sia innanzitutto chiaro, comprensibile, che arrivi anche a chi lo mastica con qualche difficoltà.

La soluzione? Il Plain English, ovvero l’inglese standard! Qui di seguito trovate una bella infografica riassuntiva sul Plain English.

Plain English britannico e Plain English americano

In Gran Bretagna il progetto sul Plain English è attivo e messo in pratica in modo efficace dal 1979 (!). È stato pensato soprattutto per la Pubblica Amministrazione come del resto altri progetti simili in altre parti del mondo (guardate l’infografica precedente).

In Italia c’è stato il progetto Chiaro del 2002, la Direttiva sulla semplificazione del linguaggio della pubblica amministrazione del 2005 e la più recente Guida al linguaggio della Pubblica Amministrazione con le Linee Guida per la Promozione dei Servizi Digitali.

Fantastiche sono le indicazioni di GOV.UK sul Plain Language e su come scrivere bene per il vostro pubblico, inclusi gli specialisti (cit.)

Negli Stati Uniti invece è stata pubblicata la Columbia Guide to standard American English nel 1993 e le più recenti  Federal plain language guidelines nel 2011.

Occhio alle differenze ortografiche e lessicali tra le due lingue.

Una volta fatta la vostra scelta siate consistenti ovunque nel vostro sito, app, e-commerce o software.

Global English e Simple English

Ci sono altre due varietà di inglese: il global English e il simple English o basic English.

Nel primo caso non sono sicura in quale misura abbiano considerato il contesto del web.

Nel secondo la grammatica è molto semplificata. Questa variante creata ad hoc scontenta molti linguisti per le scelte con cui è stata redatta. Inoltre il numero di lemmi è davvero ridotto: 850 tra cui solo 18 verbi!

Il nuovo vocabolario di base della lingua italiana ne contiene ben 7.000.

Quale scegliere quindi tra la variante plain britannica e quella americana?

Tralasciando quindi senza alcun dubbio queste ultime due varianti, l’attenzione si concentra sulle due precedenti. Ma quale delle due?

Una differenza la fa ancora il mercato a cui ci si vuole rivolgere. In Europa sembra prevalere la variante britannica, anche negli ambiti culturali e accademici.

Se si vuole ampliare il proprio business negli Stati Uniti, la variante americana è senza dubbio la scelta giusta. Immagino che questa a sua volta influenzi l’inglese come seconda lingua (spanglish) in tutta l’America Latina, soprattutto in Messico.

Le multinazionali del web hanno sede negli Stati Uniti e sono sensibili al tema della localizzazione: a loro volta scelgono l’inglese britannico per localizzare i loro prodotti in Europa in prima battuta e poi passano alle singole lingue europee.

Il governo inglese inoltre continua a testare la lingua delle sue pagine web, per cui mi sento di affermare con una certa sicurezza che da questa fonte si possono ottenere molte indicazioni utili aggiornate. Fermo restando le linee guida del WCAG sulla leggibilità dei testi online.

Concludendo, al di là delle peculiarità dell’inglese britannico e dell’inglese americano, gli aspetti più importanti nella scelta di quale inglese usare per localizzare è che sia plain e che venga testato, per essere accessibili e inclusivi e aumentare così i propri affari. 🙂


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Foto di freestocks da Unsplash

Chi lo ha scritto:

Sono UX writer, copywriter, content strategist, localizzatrice: progetto, scrivo e localizzo contenuti per il web per attrarre, fidelizzare e coccolare gli utenti che visitano le tue pagine web. Come posso aiutarti?

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